Di Andrea Calzavara
L'unica immagine di He-Yin Zhen, fotografata in prima fila a sinistra a Shanghai nel 1908;
Dorothy Ko, Lydia H. Liu, Rebecca Karl (a cura di), The birth of Chinese feminism: essential texts in transnational theory, New York: Columbia University Press, 2013, p. 50.
Introduzione
Quest'articolo per Gender China ha come scopo quello di occuparsi del pensiero dell’anarco-femminista He-Yin Zhen 何殷震 (ca. 1884 - ca. 1920), situandolo nell’appropriato contesto storico e mettendo in luce gli aspetti di storia globale che lo caratterizzano. Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento la Cina attraversò un momento storico turbolento in cui l’impero perse la propria funzione di riferimento per gli intellettuali cinesi entrando in un sistema-mondo che le era completamente altro. L’impatto drammatico con l’Occidente durante le guerre dell’oppio e le rivolte popolari misero in seria discussione l’equilibrio interno, tanto che la Cina iniziò un lungo dibattito sulla questione della modernità per far fronte alla crisi che stava gradualmente deponendo il mandato celeste dalle mani degli imperatori. Col fine di comprendere e contestualizzare al meglio il pensiero di He-Yin Zhen, nel primo paragrafo viene offerta una ricostruzione sintetica del crollo delle istituzioni imperiali assieme ai successivi tentativi di ammodernamento proposti dagli intellettuali cinesi alle fine del XIX secolo. Questi, dopo aver fallito ed essere stati perseguitati, furono appositamente inviati in Giappone per emularne i progressi dell’epoca Meiji. He-Yin Zhen fu una tra le diverse studiose e studiosi che giunsero nell’impero del Sol Levante per cogliere gli insegnamenti della modernità. A Tokyo entrò a far parte dei circoli di intellettuali che già all’epoca avevano una forte consapevolezza di trovarsi in un mondo globalizzato non solo grazie al flusso di notizie, traduzioni e testi occidentali, ma anche grazie alla circolazione di persone provenienti da tutto il mondo. In questo clima cosmopolita e ricco di scambi di prodotti e di pensieri, delineato nel secondo paragrafo, He-Yin Zhen entrò in contatto con le cellule anarchiche e socialiste nel distretto di Kanda, dove fondò, assieme al marito, la Rivista Giustizia Naturale, il Tianyi Bao 天义报. In questa rivista pubblicò diversi saggi dove è possibile notare una certa sensibilità globale alla questione dell'oppressione femminile, sia per le influenze che lei stessa ricevette e per l’universalismo delle sue teorie, che per le analogie del suo pensiero antipatriarcale e anticapitalista con le femministe vissute successivamente. Infatti, come illustrato nell’ultimo paragrafo, le idee di He Zhen si possono ritrovare in alcuni punti salienti delle battaglie dei movimenti di emancipazione femminile cinesi moderni e contemporanei, ma anche in Occidente, dove la sua voce sembra quasi aver anticipato alcune riflessioni della femminista Simone De Beauvoir. Ancora oggi, soprattutto in Occidente, il pensiero di He-Yin Zhen viene tradotto, analizzato e ne viene valorizzato l'approccio rivoluzionario che è ancora in grado di contribuire ai dibattiti contemporanei sui femminismi
Dalle guerre dell’oppio alla ricerca della modernità
Prima di scontrarsi in modo drammatico con l’Occidente, la cultura della Cina imperiale era ritenuta dai letterati cinesi nettamente superiore rispetto a quella del mondo barbaro [1] e straniero [2]. Tanto che, durante l’ultimo periodo di egemonia politica e culturale della dinastia Qing, Li Ruizhen 李汝珍nel romanzo Fiori nello specchio [3], considerava la Cina come “la radice di tutti gli altri paesi”.[4] Tuttavia, all’inizio del XIX secolo, l’impero britannico stava espandendo non solo i propri possedimenti in Asia, ma anche la sua capacità industriale e commerciale in tutto il mondo. La fermezza con cui questa potenza coloniale desiderava creare un mercato in Cina portò allo smercio dell’oppio prodotto nel Bengala dalla Compagnia delle Indie Orientali nel territorio cinese. In questo periodo, l’impero, già indebolito dalle ribellioni dei Taiping 太平 e dei Nian 捻, tentò di porre fine alla dipendenza da oppio del popolo cinese. Questo fornì il pretesto agli inglesi e ad altre nazioni straniere per dichiarare guerra alla Cina, la quale fu ripetitivamente sconfitta dalle potenze occidentali nelle cosiddette due guerre dell’oppio (1839–1842; 1856–1860).[5] Furono così firmati una serie di trattati ineguali che sancirono il declino del potere imperiale e favorirono l’ascesa economica e militare delle potenze straniere sul territorio cinese.[6] Durante la fase tardo Qing, l’impero si ritrovò improvvisamente costretto ad entrare nel sistema mondiale e capitalista: l'invasione delle potenze imperialiste portò allo sfaldamento dell’economia locale, incentrata soprattutto sull’agricoltura, a causa dell’avvio di un’economia di mercato basata sul commercio nei nuovi porti aperti lungo le coste – Guangzhou 广州, Shanghai上海, Tianjin 天津 - e sull’industria dipendente da fondi e tecnologie straniere.[7] Per far fronte alla crisi che stava erodendo il potere centrale, gli intellettuali presero due strade. La prima di queste fu intrapresa dal movimento per le attività occidentali [8] (1860-1885) che ambiva a contrastare l’invasione imperialista proprio attraverso l’emulazione del modello occidentale e capitalista utilizzando i mezzi barbari: armamenti e industria.[9] Tuttavia, le manovre di rafforzamento (ziqiang 自强) e di ammodernamento (fuqiang 复强) di questa corrente non presero piede. Infatti, non bastava trapiantare un sistema estraneo all’interno di un corpo complesso e consolidato da millenni che osteggiava i tentativi di modernizzazione e che era indebolito da crisi interne.[10]
All’interno di questo primo movimento modernizzatore mancava un pensiero politico che alcuni intellettuali riformisti tentarono di elaborare a partire dagli anni Novanta del XIX secolo. Tra questi, Kang Youwei 康有为, Liang Qichao 梁启超 e Tan Sitong 谭嗣同 iniziarono a ripensare alla propria società in relazione non solo alla propria cultura, ma anche a quelle d'oltremare, studiando i sistemi politici e culturali delle nazioni occidentali e del Giappone, in modo da gettare le basi per dare vita ad una "modernità" cinese.[11] Nel 1895, la disfatta cinese e la firma del trattato di Shimonoseki in seguito alla guerra sino-giapponese (1894-1895) provocarono un'ulteriore scossa all’impero cinese oramai al collasso. Gli intellettuali progressisti compilarono così un documento di diecimila caratteri da presentare all’imperatore Guangxu 光绪 per intraprendere una riforma che non cambiasse solamente “le cose”, ma soprattutto “i metodi” per rinnovare l’impero cinese.[12] Il testo fu accolto nel 1898 dal governo centrale iniziando una fase battezzata col nome di rilforma dei cento giorni [13], il cui l’obiettivo era quello di portare al rinnovamento degli organismi statali e ad una rielaborazione delle tecniche di governo.[14] Gli intellettuali si ispirarono soprattutto alla Russia e al Giappone in cui le riforme, compiute rispettivamente da Pietro il Grande e dall’imperatore Meiji, avevano avuto successo[15]. Questa generazione, successiva al movimento per le attività occidentali, stava assistendo al lento declino di un’istituzione millenaria, l’impero, e all’impatto drammatico con un sistema-mondo che le era completamente altro.[16] Gli studiosi cinesi osservarono soprattutto il Giappone, in cui dagli anni Settanta del XIX secolo era stato intrapreso un processo di modernizzazione con la restaurazione Meiji che aveva portato ad una occidentalizzazione del sistema politico e militare[17]. Nonostante il successo di queste riforme avesse portato alla sconfitta cinese per mano di un esercito moderno giapponese, gli intellettuali cinesi considerarono questo evento come una profonda convinzione dell’arretratezza del grande impero Qing[18]. Ciò fu confermato anche dal fallimento delle riforme costituzionali del 1898 a seguito della restaurazione conservatrice dell’imperatrice vedova Cixi 慈禧, la quale, oltre ad opporsi alle riforme, giustiziò alcuni intellettuali, tra cui Tan Sitong, portando all’esilio di alcuni compatrioti che fuggirono verso Occidente o verso il più vicino Giappone, il quale continuò ad essere visto come un modello di successo rispetto alla Cina.[19] Tuttavia, la svolta reazionaria dell’imperatrice madre non fu in grado di rinvigorire l’impero a causa della crisi provocata dalla ribellione dei Boxer, né di impedire il processo di riforme istituzionali che fu ripreso per cercare di saldare il tessuto e l’ordine sociale e politico.[20] L’abolizione del saggio a otto gambe[21] e del sistema millenario degli esami imperiali nel 1905 sancirono definitivamente la perdita di riferimento per gli studiosi cinesi rispetto alla propria cultura che per secoli si era fusa con la corte imperiale: lo scollamento tra il governo centrale e la classe dei letterati fornì loro il pretesto per recarsi oltremare.[22]
Un mondo globalizzato: Tokyo nell’era Meiji e gli studenti cinesi
Durante l'ultimo decennio del XIX secolo e nel primo decennio del XX secolo alcuni studenti cinesi si recarono in Europa o negli Stati Uniti per studiare, ma un numero di gran lunga maggiore confluì in Giappone[23]. Molti intellettuali vi si recarono come rifugiati a seguito della restaurazione di Cixi, ma successivamente, alcuni furono inviati appositamente dall’imperatrice stessa per trarre ispirazione e cogliere gli insegnamenti della modernità nell’impero del Sol Levante, dove il successo della modernizzazione aveva dimostrato che un paese asiatico poteva eguagliare le potenze occidentali.[24] I cinesi si concentrarono soprattutto nel distretto di Kanda 神田 a Tokyo, capitale orientale estremamente vivace per i circa ottomila studenti che si ritrovarono in una città tecnologicamente evoluta e dinamica, in cui circolavano persone, notizie e traduzioni provenienti da tutto il mondo.[25] Le interazioni tra diverse popolazioni e lo scambio di prodotti e pensieri alimentarono soprattutto la formazione di movimenti nazionalisti, ma anche di correnti anarchiche e socialiste.[26] Le teorie anarchiche di Michael Bakunin e Peter Kropotkin circolarono a livello globale in tutta Europa, ma anche in Africa e America Latina giungendo attraverso l’impero russo in Giappone, dove trovarono il sostegno di alcuni circoli di intellettuali.[27] Il primo giapponese dichiaratamente anarchico, Kōtoku Shūsui 幸徳 秋水, fu di fondamentale importanza per lo sviluppo dell’anarchismo cinese a Tokyo.[28] Egli fondò nel 1903 il Giornale del popolo (heimin shinbun 平民新聞) in cui venivano riportate notizie e informazioni legate all’anarchismo da Occidente[29] e partecipò attivamente alle riunioni della Società per lo studio del socialismo (shehuizhuyi jiangxi hui 社会主义讲习会), istituita dagli studenti cinesi Liu Shipei 刘师培e dalla moglie He-Yin Zhen 何殷震.[30] In questo clima di collaborazione internazionale, giapponesi e cinesi si riunivano settimanalmente per discutere su testi e novità provenienti da Occidente in diverse assemblee come, ad esempio, la Società giapponese per lo studio del socialismo (shakai shugi kenkyū kai 社會主義研究會), in cui venivano ammessi anche membri da altri paesi stranieri.[31] Dal Giappone alla Cina, dal sud-est asiatico all'India, la convergenza di studiosi da tutto il mondo, unita alla circolazione di traduzioni, notizie e testi rivoluzionari, portò ad una presa di coscienza del contesto globale e alla formazione di pensieri rivoluzionari condivisi non solo contro la comune esperienza del colonialismo e dell’imperialismo in Asia[32], ma anche contro l’oppressione di classe e di genere.[33]
Fra queste idee rivoluzionarie, l’anarchismo era una delle teorie politiche che sembrava racchiudere e mettere insieme queste lotte. Infatti, le teorie avanzate dagli anarchici prevedevano la liberazione dell’individuo da qualsiasi tipo di coercizione con una strategia suddivisa in due rivoluzioni: una sociale per abolire le istituzioni autoritarie, e una culturale, per liberare gli individui dalle pratiche di sottomissione che si erano conformate al sistema di valori della popolazione e del governo.[34] L’anarchismo fu visto da alcuni intellettuali cinesi come una nuova speranza di fronte alla disillusione causata dalla caduta dell’impero Qing e dal fallimento delle riforme modernizzatrici del 1898,[35] e come un modo per superare l’imminente mondo capitalista.[36] In particolare, gli anarchici furono tra i primi a dare importanza alla questione femminile e a teorizzare la liberazione delle donne.[37] Le connessioni globali instaurate a Tokyo permisero alle studentesse di incontrare persone con gli stessi interessi e di elaborare teorie o pratiche che avrebbero reso migliore la loro condizione femminile.[38] In Giappone, ad esempio, l’anarchica Kanno Suga 管野 スガ, influenzata probabilmente dalla notizia dell’attentato della nichilista russa Sofia Perovskaya, aveva tentato di assassinare l’imperatore Meiji;[39] in Cina, negli stessi anni l’eroina Qiu Jin 秋瑾, dopo un periodo di studio in Giappone, ispirata dalla stessa rivoluzionaria russa e da Madame Roland, fu giustiziata in seguito al fallimento di una rivolta contro il regime Qing.[40] Decisamente più moderate furono le anarchiche Fukuda Hideko 福田 英子 ed He-Yin Zhen, entrambe parte dell’Associazione per il recupero dei diritti delle donne (nüzi fuquan hui 女子复权会). Le due fondarono rispettivamente due riviste: Donne di Mondo (Sekai Fujin世界婦人) e la Rivista Giustizia Naturale (Tianyi bao 天义报).[41] Le associazioni nate precedentemente, come la Società contro la fasciatura dei piedi (bu chanzu hui 不缠足会), fondata nel 1883 da Kang Youwei, e il Movimento per il piede naturale (tianzu yundong 天足运动), avviato da alcune scuole missionarie femminili, presenti sul territorio cinese già dal 1844, presentavano manifesti e canzoni contro la pratica del loto d’oro[42] con l’obiettivo di criticare o accusare le donne per aver subito questa usanza che impediva loro di lavorare o di muoversi liberamente.[43] Secondo alcuni intellettuali riformisti, era stata proprio la popolazione femminile cinese ad avere impedito la modernizzazione dell’impero ed era perciò necessario trovare una cura per poter salvare la nazione:[44] la sfasciatura dei piedi e l’educazione avrebbero permesso alle donne di sostituire gli uomini nelle fabbriche e di diventare membri della società autosufficienti e produttivi, togliendo un peso agli uomini che dovevano occuparsi di loro in quanto vincolate fisicamente e completamente dipendenti al genere maschile.[45] Inoltre, l’impulso dato dagli intellettuali portò alla nascita di collegi e riviste femminili, come la Scuola patriottica femminile di Shanghai (aiguo nü xuexiao 爱国女学校) e la Campana delle donne (nüjie zhong女界钟), le quali concepivano i diritti delle donne solo all'interno del proprio contesto nazionale.[46] La Rivista Giustizia Naturale, fondata nel 1907 da He-Yin Zhen e dal marito Liu Shipei, superò coi suoi testi questo paradigma in quanto ritenuto limitante: la rivoluzione anarco-femminista era necessaria non per l’interesse della nazione, ma doveva essere promossa per una necessità morale.[47]
Tianyi bao 天义报 : l’anarchismo e il femminismo di He Yin-zhen 何殷震
Nonostante a partire dalle guerre dell’oppio si fossero già insediate nel territorio cinese alcune case editrici straniere, queste si occupavano principalmente di tradurre testi legati alle tecnologie industriali e belliche occidentali.[48] Con il collasso delle istituzioni imperiali, gli intellettuali provarono un forte entusiasmo verso il Giappone e i testi stranieri tradotti in giapponese legati soprattutto alle scienze sociali, in particolare verso manuali di pensiero filosofico e politico.[49] Le fonti e i radicali giapponesi, come precedentemente detto, svolsero un ruolo significativo nella formulazione dell’anarchismo cinese, tanto che il termine stesso, wuzhengfu zhuyi 无政府主义, usato per la prima volta nel 1903, era di derivazione giapponese.[50] Tuttavia, secondo Peter Zarrow, lo sviluppo della corrente anarchica cinese sarebbe stato possibile anche senza l’aiuto dei colleghi giapponesi. Infatti, i quotidiani offrivano uno sguardo sulle novità provenienti da Occidente come la Rivoluzione Russa del 1905, la nascita dei movimenti sindacalisti francesi e americani e la crescente influenza dei testi di Kropotkin, creando una forte impressione sugli studenti cinesi.[51] Inoltre, gli intellettuali cinesi si resero conto che la propria tradizione filosofica presentava già in alcuni testi taoisti dei principi per certi versi assimilabili a quello che sarebbe poi stato definito anarchismo[52]. Laozi 老子[53] ne fu considerato il padre, assieme a Xu Xing许行:[54] i loro testi sembravano ricalcare il pensiero di Leo Tolstoy e per questo trovarono ulteriore sostegno da parte degli anarchici cinesi.[55]. Liu Shipei ed He-Yin Zhen, dopo aver analizzato i testi russi e dei loro compatrioti, ritenevano che la Cina a loro contemporanea fosse prossima e naturalmente predisposta alla realizzazione dell’anarchismo.[56] Tuttavia, per quanto questa corrente politica avesse preso ispirazione dalla propria tradizione, trasformando alcuni concetti in accordo con la propria tradizione culturale, l’anarchismo cinese a Tokyo fu fortemente universalista.[57]
Ispirati dalle pubblicazioni straniere, He-Yin Zhen e il marito iniziarono a divulgare la Rivista Giustizia Naturale,[58] che esordì col primo numero il 10 giugno 1907 con uno stile che ricalcava quello delle dichiarazioni programmatiche occidentali:[59]
“Our purpose is to destroy the old society and practice human equality. In addition to women’s revolution, we also advocate racial, political and economic revolutions. Thus its name Tianyi bao.”[60]
Dal momento che sapevano di essere poco comprensibili ad alcuni lettori,[61] i due editori della rivista si dedicarono con costanza per far sì che, in chi leggeva i loro articoli, si verificasse una presa di coscienza politica.[62] Soprattutto He-Yin Zhen utilizzò affermazioni che chiaramente intendevano colpire i lettori.[63]
Si conosce poco della vita di questa intellettuale: nata all’incirca nel 1884 come He Ban 何班nella provincia del Jiangsu 江苏[64], visse con la propria famiglia fino al matrimonio con Liu Shipei tra il 1903 e il 1904[65]. Dopo aver studiato nella Scuola patriottica femminile di Shanghai, si trasferì col marito a Tokyo nel 1907, dove iniziò a pubblicare il Tianyi bao. [66] Nata inizialmente come rivista femminista grazie al suo originale contributo, già a partire dal secondo numero i suoi saggi, legati soprattutto alla questione delle donne, diminuirono per dare spazio esclusivamente all’anarchismo. Anche la missione cambiò, ponendo in secondo piano la rivoluzione femminile:[67]
“To destroy national and racial boundaries, to practice worldism, to oppose all imperialist powers in the world, to subvert all human oppressions in the past and present, and to realize anarchistcommunism and absolute equality between men and women.”[68]
Tuttavia, la pubblicazione della rivista durò pressoché un anno e fu interrotta dal ritorno in Cina di Liu Shipei con il penultimo numero datato 15 giugno 1908.[69] Dopo aver lavorato dal 1910 come tutrice presso la casa del generale Yan Xishan 阎锡山, i dati biografici di He-Yin Zhen diventano estremamente confusionari a partire dalla morte da tubercolosi del marito nel 1919.[70] Secondo alcuni, in seguito alla scomparsa di Liu Shipei, He-Yin Zhen sarebbe diventata una spia del governo mancese,[71] per altri invece, avrebbe abbracciato la vita monastica buddhista col nuovo nome Xiaoqi 小器.[72] He Yin-zhen morì all’incirca nel 1920 in circostanze poco chiare, tanto che, , secondo alcune ricostruzioni, avrebbe trascorso gli ultimi anni di vita come una folle reclusa a causa del trauma causatole dalla morte del marito[73]. Tuttavia, non sono ancora state trovate informazioni attendibili sul suo decesso. Gli unici dati biografici disponibili e le teorie di quest’intellettuale sono contenute all’interno della rivista Tianyi bao, della quale fu direttrice ed editrice fino alla sua chiusura, firmandosi direttamente col suo nome, ma anche vari pseudonimi tra cui He Zhen 何震, Zhen 震 (lett. tuono), Zhenshu 震述e Zhida 志达.[74] Il suo pensiero fu estremamente radicale per l’epoca. Infatti, He credeva che gli uomini avessero monopolizzato a proprio favore ogni forma di sapere nel corso della storia cinese, dalla medicina alla filosofia confuciana.[75] Per criticare quest’ultima, attraverso la propria conoscenza approfondita dei classici, l’anarchica citò direttamente i testi del saggio Confucio e dei successivi commentari per dimostrare l’oppressione e le restrizioni poste sulle donne da questa dottrina millenaria.[76] Ad esempio, He condannò la pratica delle sette ragioni per cacciare la moglie, i qi chu 七出, [77] e quella delle tre ragioni per non cacciare la moglie, i san buchu 三不出,[78] così come la castità e l’obbedienza femminile imposta per secoli dal genere maschile.[79] He Zhen fu all’inizio del XX secolo una delle poche donne, se non l’unica in Asia, a rendersi conto che il genere maschile considerava le donne come un bene privato a cui si potevano imporre determinati diritti e doveri, come il divieto di vedere altri uomini e di rimanere segregate in casa, enfatizzando tabù e differenziazioni tra uomini e donne.[80]
"Per migliaia di anni il mondo è stato sottomesso alla legge dell’individuo, alla suddivisione in classi sociali e alla proprietà privata, tutti campi in cui è l’uomo a dominare. Se auspichiamo al superamento di questi mali, allora bisogna liberarsi della supremazia maschile affinché si raggiunga l’uguaglianza tra esseri umani e si dia vita a un mondo che appartiene agli uomini e alle donne. Per far sì che ciò si realizzi, è necessario che la liberazione delle donne inizi."[81]
Ispirata dagli scritti dell’anarchico tedesco August Bebel e dai testi femministi occidentali tradotti da Ma Junwu 马君武,[82] He riteneva che queste pratiche oppressive dovessero essere abolite con una rivoluzione progressiva, sociale e culturale, che partisse proprio dalla liberazione delle donne.[83] Secondo He Zhen, le riforme per l’educazione o per la sfasciatura dei piedi non erano abbastanza per raggiungere la completa emancipazione femminile, in quanto gli uomini, occidentali od orientali, avrebbero continuato ad agire esclusivamente per il proprio desiderio egoistico e capitalistico.[84] Per compiere questa rivoluzione sessuale, era necessario partire dalla distruzione dell’istituzione familiare che aveva da secoli manipolato la mente della popolazione cinese portando alla nascita del patriarcato, dell’individualismo e della proprietà privata.[85] He aspirava alla piena autonomia femminile rispetto all’autorità maschile, soprattutto nella vita economica delle donne.[86] Un passo pubblicato nel Tianyi bao dal titolo Che cosa dovrebbero conoscere le donne sul comunismo, riassume il pensiero di He Zhen succitato:
"Qual è la cosa più importante in questo mondo? Il cibo. Voi donne volete davvero subire i maltrattamenti che ricevete? Lo fate perché avete bisogno di qualcuno per mangiare."[87]
Perciò, per compiere tale rivoluzione, He Zhen incitò le donne a seguire gli esempi rivoluzionari della compatriota Qiu Jin, della nichilista russa Sofia Perovskaya e dell’anarchica francese Louise Michel, considerando quest’ultime non come vittime del processo rivoluzionario, ma piuttosto in quanto martiri e protagoniste attive della rivoluzione sociale e sessuale anarco-femminista.[88] He considerava gli uomini come il grande nemico delle donne perché le definizioni di ciò che era giusto e ciò che era sbagliato, del forte e del debole, erano state definite proprio dal genere maschile in quanto detentore del potere culturale ed economico.[89] Di conseguenza, per liberare la popolazione dall’oppressione, era necessario abolire il maschile e il femminile, considerati da He Zhen come costrutti sociali:
“Il fatto che “l’uomo”e la “donna” abbiano abitudini e educazione diverse, viene [erroneamente] considerato naturale. Se non ci fossero differenze tra uomo e donna, se fossero cresciuti nello stes- so modo e se ricevessero la stessa educazione, allora potrebbero ricoprire gli stessi ruoli, e raggiungere così la parità. Quando anche i nomi“uomo”e“donna”saranno aboliti, allora ci sarà quella sincera “uguaglianza tra uomo e donna”a cui aspiriamo.” [90]
In questa formulazione, gli studiosi del pensiero di He hanno trovato prese di posizione assai simili a quelle elaborate, circa a cinquant’anni dalla morte dell’anarchica cinese, dalle femministe Simone de Beauvoir e Kate Millett,[91] ma anche dai movimenti di emancipazione femminile del quattro maggio 1919 e del comunismo cinese.[92]
Questo tipo di reinterpretazione è stato portato avanti nel secolo successivo da alcune studiose cinesi e statunitensi, tra cui Xia Xiaohong 夏晓虹, Liu Huiying 李慧英 e Rebecca Karl, le quali hanno iniziato a studiare i femminismi cinesi con una prospettiva globale.[93] Per un lungo periodo l'anarchismo e in particolare il pensiero di He furono ignorati e repressi[94] , anche a cause delle accuse di contaminazione morale sul marito Liu Shipei e dalla scelta dell’anarchica di adottare il cognome materno[95]. Perciò, il volume di Liu Lydia He, Rebecca Karl e Dorothy Ko ebbe il ruolo fondamentale non solo di raccogliere le traduzioni di vari testi legati alla nascita dei femminismi cinesi, ma anche di resuscitare la voce di una donna che era stata largamente ignorata per più di un secolo, al fine di dare un contributo ai dibattiti sui femminismi contemporanei.[96] He-Yin Zhen, nata alla fine del XIX secolo e vissuta tra la Cina e il Giappone nei primi due decenni del XX secolo, ebbe l’opportunità di vivere in un periodo di circolazione di testi e di persone che le permise di formulare e mettere per iscritto il suo pensiero anarco-femminista. Ora i suoi testi, tradotti in inglese,[97] ma anche in francese e in italiano,[98] rendono per la prima volta disponibile agli studiosi dei femminismi il suo pensiero unico e rivoluzionario, non solo per l’epoca in cui visse, ma anche nel mondo a noi contemporaneo.[99] Rebecca Karl confida che la diffusione delle traduzioni di He-Yin Zhen possa colmare il vuoto lasciato dalla mancanza delle sue teorie anarco-femministe, dentro e fuori la Cina, all’interno dei movimenti femministi contemporanei:
“It is our hope that her entirely original concepts [...] will be taken up by feminists and radical theorists around the world. It is high time, then, that we savor He-Yin Zhen’s incisive and uncompromising engagements with her worlds in her own words.”[100]
Conclusione: "He-Yin Zhen: Il tuono dell'anarchia"
Il pensiero di He-Yin Zhen continua ad ispirare riflessioni e prodotti culturali contemporanei: nel 2017, l'artista Amy Suo Wu ha ideato il progetto Thunderclap con cui diffondere il messaggio di He-Yin Zhen in Cina. Realizzato durante la residenza artistica presso I:projectspace di Pechino, Thunderclap (fig. 1) consiste in una serie di toppe o lunghi nastri su cui sono impressi alcuni passi scritti da He-Yin Zhen all’interno del Tianyi bao. Tuttavia, il testo stampato su questi tessuti è in inglese: si tratta di un escamotage steganografico che l’artista ha adoperato per camuffare i contenuti stampati sui vestiti con le parole straniere senza senso legate al fenomeno 山寨 shanzhai. Il codice QR inserito nei vestiti riporta ad una pagina web in cui i passanti possono scaricare i testi dell’anarco-femminista cinese tratti dal volume curato da 刘禾 Liu He e Wan Shiguo 萬仕國[101], e dall’antologia curata da Xia Xiaohong 夏晓虹[102] sui testi di He-Zhen e altri intellettuali. Attraverso l'uso di questi accessori "politicamente innocui", la conoscenza di He Zhen può circolare e il suo lavoro può resistere a ulteriori amnesie storiche. Thunderclap diventa in questo modo non solo uno zine-ambulante, ma anche uno strumento che conferisce potere politico all’abbigliamento e alla moda, spesso considerata superficiale[103]. Nello stesso anno, Amy Suo Wu ha esposto lungo uno dei vicoli pechinesi[104] la Thunderclap Blanket (fig. 2), una grande coperta nera posta su un filo stendibiancheria su cui ha cucito alcuni testi di He-Zhen uniti al QR code per permettere non solo ai vicini, ma anche ai passanti di osservare e informarsi sul messaggio della teorica anarco-femminista[105]. Il progetto Thunderclap Shop (fig. 3) realizzato a Sydney presso l’Artspace Ideas Platform nel 2019 ha permesso invece ai visitatori di comprare e cucire le toppe e i nastri creati dall’artista Amy Suo Wu sui propri vestiti, in modo da diffondere il pensiero di He Zhen anche al di fuori dei confini della RPC[106], indossando frasi e concetti nati durante il secolo scorso.
Il volume He-Yin Zhen: Il tuono dell’anarchia contiene la prima traduzione in italiano dei testi dell’anarco-femminista, curata da Cristina Manzone [107]. In uscita il 13 di giugno grazie a D Editore, l’antologia offre ai lettori italiani la possibilità di esplorare l’opera di una figura rivoluzionaria il cui boato rappresenta un vero e proprio fulmine a ciel sereno all’interno dei dibattiti sui femminismi contemporanei, sull’anarchia e sulla parità di genere, sia in Cina che in Italia, ma anche nel resto del mondo. Le teorie presentate all’interno della Rivista Giustizia Naturale , il Tianyi Bao 天义报, furono uniche e rivoluzionarie per l’epoca e continuano ad esserlo anche per il mondo a noi contemporaneo, dove studiose, artiste e lettrici continuano a valorizzare il suo pensiero.
Fig. 1, Amy Suo Wu, Thunderclap, 2017, Fotografia: Jeff Yiu; Modelle: Zhuxin Wang, Tu Lang, Amelie Kahn-Ackermann; https://amysuowu.net/content/thunderclap
Fig. 2, Amy Suo Wu, Thunderclap Blanket, 2017, Fotografia: sconosciut*; https://amysuowu.net/content/thunderclap-blanket
Fig. 3, Amy Suo Wu, Thunderclap Shop, 2019, Fotografia: sconosciut*; https://amysuowu.net/content/thunderclap-shop
[1] Dal cinese 夷 yi
[2] Rana Mitter, A Bitter Revolution: China’s Struggle with the Modern World, Oxford: Oxford University Press, 2004, p. 26
[3] Titolo originale cinese 镜花缘 jinghua yuan
[4] Mitter, 2004, p. 26
[5] Mario Sabattini, Paolo Santangelo, Storia della Cina, Roma: Laterza, 2015, pp. 531-545
[6] Gaia Perini, La casa di ferro: la Cina del XIX secolo si confronta con il capitalismo e l’imperialismo stranieri, in Cina e Capitalismo: Ovvero un matrimonio ‘quasi’ riuscito, a cura di Oscar Marchisio, Roma: Saperi, 2000, p. 98; Zhihang Qiao, Imagining a Different Future—Anarchist Equality and the Form of Labour in the Journal of Natural Justice, «Frontiers of History in China» 7:3 (2012), p. 380
[7] Ivi, p. 379-381
[8] Dal cinese 洋务运动 yangwu yundong
[9] Ivi, p. 376; Perini, 2000, pp. 99-102
[10] Ivi, p. 102-103
[11] Ivi, p. 103-104
[12] Ivi, p. 104-105
[13] Wuxu bianfa 戊戌变法
[14] Ibidem; Ono Kazuko, Chinese Women in a Century of Revolution: 1850-1950, a cura di Joshua A. Fogel, Standford: Standford University Press, 1989, p. 25
[15] Ibidem
[16] Perini, 2000, p. 103
[17] Wilt Idema, Beata Grant, The Red Brush: Writing Women of Imperial China, Cambridge: Harvard University Press, 2004, p. 769
[18] Da Qing diguo 大清帝国
[19] Xiong Yuezhi, Degrees of Familiarity with the West in Late Qing Society, in Translations and Creation: Readings of Western Literature in Early Modern China, 1840-1918, a cura di David Pollard, Amsterdam: John Benjamins Publishing Company, 1998, p. 33; Sabattini, Santangelo, 2015, pp. 555-558
[20] Ibidem
[21] Baguwen 八股文, testi basati sull’apprendimento mnemonico introdotti durante la dinastia Ming 明 all’interno degli esami imperiali; Sabattini, Santangelo, 2015, pp. 447-448
[22] Ivi, pp. 555-558; Peter Zarrow, Anarchism and Chinese Political Culture, New York: Columbia University Press, 1990, p. 26
Rebecca Karl, Staging the World: Chinese Nationalism at the Turn of the Twentieth Century, London: Duke University Press, 2002, pp. 154-155
[23] Jean Chesneaux, Françoise Le Barbier, Marie-Claire Bergère, China from the 1911 Revolution to Liberation, New York: Pantheon Books, 1977, p. 56-57
[24] Karl, 2002, pp. 154-155; Idema, Grant, 2004, p. 779; Kazuko 1989, p. 54; Chesneaux, Le Barbier, Bergère, 1977, pp. 56-57
[25] Zarrow, 1990, pp. 31-32; Arif Dirlik, Anarchism and the Question of Place: Thoughts from the Chinese Experience, in Anarchism and Syndicalism in the Colonial and Postcolonial World, 1870-1940: The Praxis of National Liberation, Internationalism, and Social Revolution, a cura di Steven Hirsch, Lucien van der Walt, Leiden: Brill, 2013, pp. 133; Susan Mann, Women in East Asia: China, Japan, Korea, in Women's History in Global Perspective: Vol. 2, a cura di Bonnie G. Smith, Illinois: University of Illinois Press, 2005, pp. 80-85
[26] Ibidem
[27] Ivi, pp. 132-133
[28] Zarrow, 1990, pp. 52-54
[29] Ivi, p. 53
[30] Dirlik, 2013, p. 137
[31] Zarrow, 1990, pp. 56-57
[32] Vedi Rebecca Karl, “Creating Asia: China in the World at the Beginning of the Twentieth Century”, in «The American Historical Review» 103:4 (1998), pp. 1096-1118.
[33] Dirlik, 2013, pp. 133; Arif Dirlik, Anarchism in the Chinese Revolution, Berkeley: University of California Press, 1993, p. 23-24
[34] Ibidem
[35] Zarrow, 1990, pp. 25-27
[36] Qiao, 2012, p. 367
[37] Zarrow, 1990, p. 2
[38] Louise Edwards, Chinese feminism in a transnational frame: between internationalism and xenophobia, in Women’s Movements in Asia Feminisms and transnational activism, a cura di Mina Roces, Louise Edwards, London, New York: Routledge, 2010, p. 53
[39] Hélène Bowen Raddeker, Anarchism, Feminism and Subjectivity in Imperial Japan: The Gendered Circumstances and Identities of Three Infamous Women, in «Lilith: A Feminist History Journal», 14 (2005), pp. 27-30
[40] Kazuko, 1989, pp. 63-65.
[41] Rebecca Karl, Feminism in Modern China, in «Journal of Modern Chinese History» 6:2 (2012), pp. 240-245
[42] Uno dei diversi appellattivi per riferirsi alla pratica della fasciatura dei piedi, jinlian 金莲; Kazuko, 1989, pp. 28-33
[43] Ibidem; Zarrow, 1990, p. 150-151; Peter Zarrow, He Zhen and Anarcho-Feminism in China, in «The Journal of Asian Studies», 47:4 (1988), p. 797-798
[44] Kazuko, 1989, pp. 63-65, Jiuguo 救国; Zarrow, 1990, p. 151
[45] Ivi, pp. 150-152, Kazuko, 1989, pp.55-57
[46] Zarrow, 1988, pp. 797-799; Zarrow 1990, pp. 152-153
[47] Ivi, p. 155
[48] Yuezhi, 1998, pp. 28-30
[49] Ivi, p. 33
[50] Dirlik, 1993, p. 63
[51] Zarrow, 1990, pp. 56-57
[52] Chesneaux, Le Barbier, Bergère, 1977, pp. 55-56
[53] È considerato il padre del taoismo
[54] Noto agronomo del periodo degli Stati Combattenti
[55] Dirlik, 2013, p. 143
[56] Xia Xiaohong, Tianyi Bao and He Zhen’s views on “women’s revolution", in Different Worlds of Discourse:Transformations of Gender and Genre in Late Qing and Early Republican China, a cura di Nanxiu Qian, Grace Fong, Richard Smith, Leiden: Brill, 2008, p. 313; Arif Dirlik, Anarchism in Early Twentieth Century China: A Contemporary Perspective, in «Journal of Modern Chinese History» 6:2 (2012), p. 132
[57] Dirlik, 2013, p. 131; Dirlik, 2012, p. 131
[58] Huiying Liu, Feminism: An Organic or an Extremist Position? On Tien Yee as Represented by He Zhen, in «Positions: East Asia Cultures Critique» 11:3 (2003), p. 798
[59] Xiaohong, 2008, p. 293
[60] Ivi, p. 297; dalla prima pagina del primo numero del Tianyi bao
[61] Liu, 2003, p. 781
[62] Zarrow, 1990, p. 101
[63] Xiaohong, 2008, p. 299
[64] Dorothy Ko, Lydia H. Liu, Rebecca Karl (a cura di), The birth of Chinese feminism: essential texts in transnational theory, New York: Columbia University Press, 2013, p. 51
[65] Xiaohong, 2008, p. 295
[66] Ivi, p. 293
[67] Liu, 2003, p. 782
[68] Qiao, 2012, p. 386
[69] Liu, 2003, p. 799; l’ultimo numero non fu stampato
[70] Xiaohong, 2008, p. 295
[71] Huiying, 2003, p. 779
[72] Xiaohong, 2008, p. 295
[73] Ibidem; Ko, Liu, Karl, 2013, p. 51
[74] Ibidem; Zarrow, 1990, p. 102; Xiaohong, 2008, p. 293; Per quanto riguarda lo pseudonimo 志达 Zhida, gli studiosi non sono ancora riusciti ad affermare con certezza se si tratti effettivamente di He Yin-zhen; Liu, 2003, p. 787
[75] Zarrow, 1988, p. 805
[76] Ivi, p. 809; Liu, 2003, p. 793
[77] Susan Mann, Gender and Sexuality in Modern China, Cambridge: Cambridge University Press, 2011, p. 75; sterilità, condotta sfrenata, abbandono dei genitori, loquacità, furto, gelosia e malattia cronica corrispondevano alle sette ragioni per cui abbandonare la propria moglie
[78] Ibidem; Se la moglie avesse praticato tre anni di lutto per la morte dei suoi genitori, se fosse rimasta accanto al proprio marito durante problemi familiari o economici, o se non avesse avuto una casa natale in cui tornare, un marito non avrebbe potuto abbandonare la propria moglie.
[79] Xiaohong, 2008, p. 303
[80] Zarrow, 1988, p. 805
[81] Cristina Manzone, He-Yin Zhen: Il tuono dell'anarchia, Roma: D Editore, 2023, p. 113
[82] Xiaohong, 2008, pp. 306-308
[83] Zarrow, 1990, pp. 133-134
[84] Ko, Liu, Karl, 2013, p. 51
[85] Zarrow, 1990, pp. 140-142
[86] Zarrow, 1989, pp. 805-806
[87] Manzone, 2023, p. 43
[88] Zarrow, 1990, pp. 148-149
[89] Liu, 2003, pp. 792-793
[90] Manzone, 2023, p. 44
[91] Liu, 2003, p. 794
[92] Zarrow, 1988, pp.810-811
[93] Xia Xiaohong è professoressa di letteratura cinese all’università di Pechino; Liu Huiying è professoressa di sociologia presso il Centro di ricerca sulle donne della Scuola Centrale del Partito;
[94] Dirlik, 2012, p. 131
[95] Liu, 2003, pp. 788-790
[96] Ko, Liu, Karl, 2013, pp. 2-5
[97] Ivi, pp. 50-184
[98] Agathe Senna ha scritto un articolo e tenuto un seminario di traduzione su He Yin-zhen (Agathe Senna, He-Yin Zhen. 2018. La Revanche des femmes et autres textes, «GLAD!» 4 (2018), pp. 1-7; http://triangle.ens-lyon.fr/spip.php?article8182); Cristina Manzone, Manifesto delle donne di He-Yin Zhen, 2021, https://dzine.deditore.com/it/he-yin-zhen/.
[99] Ko, Liu, Karl, 2013, pp. 2-5
[100] Ivi, p. 26
[101] Il codice QR riporta a questo sito: https://thenewnushu.hotglue.me/; Liu He 劉禾, Wan Shiguo 萬仕國,天義·衡報 Tianyi · Hengbao, vol. 1-2, 北京Beijing: 中國人民大學出版社 Zhongguo renmin daxue chubanshe, 2016.
[102] Xia Xiaohong 夏晓虹, 中国近代思想家文库: 金天翮, 吕碧城, 秋瑾, 何震卷, 北京 Beijing: 中国人民大学出版社 Zhongguo renmin daxue chubanshe, 2015.
[103] Rebecca Karl, Feminism. He Yin-Zhen, and Reconceptualizing China’s History: A Brief Comment, in Girls Like Us Magazine, Issue 12, 2019, pp. 98-103; Amy Suo Wu, Thunderclap, 2017, https://amysuowu.net/content/thunderclap.
[104] 胡同 hutong
[105] Amy Suo Wu, Thunderclap Blanket, 2017, https://amysuowu.net/content/thunderclap-blanket; Rebecca Karl, Feminism. He Yin-Zhen, and Reconceptualizing China’s History: A Brief Comment, in Girls Like Us Magazine, Issue 12, 2019, pp. 98-103.
[106] Amy Suo Wu, Thunderclap Shop, 2019, https://amysuowu.net/content/thunderclap-shop.
[107] Manzone, 2023
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