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Tan Weiwei e i diritti delle donne nella musica pop cinese: noi donne, non viviamo nell’anonimato.

Aggiornamento: 1 apr 2021

Di Patrizia Piscitelli


Undici canzoni rompono il silenzio sui diritti delle donne in Cina nell’ultimo album della cantante pop Tan Weiwei 谭维维.

“R-e-s-p-e-c-t. Find out what it means to me”, cantava Aretha Franklin nel 1967. Ho pensato a lungo su come iniziare questo articolo. Per qualche strana ragione, l’unica frase che continuava a risuonarmi era questa: rispetto, scopri ciò che vuol dire per me.


Seppur distanti nel tempo e nello spazio, queste parole introducono perfettamente l’ultimo lavoro dell’artista cinese.


Copertina dell’album “3811”, Weibo promotional poster.

Uscito lo scorso 11 dicembre 2020, l’album “3811” della cantante pop Tan Weiwei, nota come Sitar Tan, diventa virale nel giro di poche ore. Il linguaggio diretto riporta alla luce l’importanza di parlare dei diritti delle donne anche nella musica.


La scelta dei titoli è già di per sé evocativa. Partiamo dall’album: “3811” fa riferimento all’età della cantante, 38 anni, e alle undici canzoni che lo compongono.

I titoli dei singoli corrispondono invece ai nomi e pseudonimi- come nel caso di “xiao juan (hua ming)” 《小娟 (化名)》- delle undici protagoniste.


Fonte di ispirazione: donne che la stessa cantante ha incontrato prima dell’incisione del disco come A Guo 阿果, una giovane sichuanese di Xichang, Wu Chunfang 吴春芳, tassista e madre single, e una zia di Tan Weiwei, Zhang Cunxian章存仙, insieme a personaggi storici e letterari, quali Yu Xuanji 鱼玄机, poetessa di epoca Tang “dai costumi dissoluti” e Ru Hua 如花, protagonista del romanzo “Rouge” dell’autrice hongkonghese Lilian Lee, adattato poi dal regista Stanley Kwan nel 1988.


Non è un disco accattivante, orecchiabile, nel senso mainstream del termine. Richiede attenzione, perché a cantare non è Tan Weiwei, ma undici donne.


Tan Weiwei. Foto promozionale dell’album.

“这张专辑像一列火车,载着不同乘客开往未知。”

“Questo album è come un treno che trasporta i suoi passeggeri verso l’ignoto.”


È difficile da comprendere a un primo ascolto. Ritmiche calme e pacate, voci sottili e delicate. Si fa quasi fatica a capire l’inizio e la fine dei brani, come fosse un unico singolo di quarantaquattro minuti.


Sembra un documentario. Zhang Cunxian, Yu Xuanji, A Guo, Wu Chunfang, Ru Hua, Qian furen-Mrs. Money, Zhao Guiling, Ka Li, Tare Ma e Tan Yanmei: donne che singolo dopo singolo ci raccontano storie di sentimenti, di desideri, di dubbi e di paure.


Ogni canzone ruota attorno a domande a cui ognuna cerca di dare una risposta. “Cosa significa diventare donna?”, si chiede A Guo. “È legittimo cercare l’amore nonostante l’età che avanza?”, si domanda Zhang Cunxian. “Se mio figlio è felice, lo sono anche io. Di cosa ho paura allora?”, cerca di capire Wu Chunfang. “Quali sono i valori di una donna oggi?” canta Tare Ma.


Il singolo più discusso è indubbiamente “xiao juan (hua ming)” 《小娟 (化名)》, in italiano “pseudonimo”. Pubblicata a dicembre 2020, in concomitanza con l’uscita del disco, la canzone conta milioni di visualizzazioni, complice l’esibizione live ai TME (Tencent Music Entertainment). Il tema? Le violenze domestiche in Cina.


“用拳頭 用汽油 用硫酸 […] 衝進下水道 從婚房沉入河床, 塞滿行李箱 陽台上冰櫃冷藏”

“Con pugno, benzina, acido solforico […] Trascinate nelle fogne, da una stanza nuziale al letto di un fiume. Infilate in una valigia, congelate in un frigorifero su un balcone."


Recitano così alcuni versi della canzone. Tratti da fatti di cronaca- il pugno richiama l’omicidio della giovane Fang, ventiduenne dello Shandong, picchiata a morte nel 2019 dal neo-marito perché dopo sei mesi dalle nozze non gli aveva ancora dato un figlio; la benzina, l’omicidio per mano dell’ex marito dell’influencer tibetana Lamu lo scorso settembre 2020; l’acido che ha sfigurato la giovane Zhang nella provincia dello Shaanxi nel 2014 in un tentativo di vendetta da parte di un conoscente invaghitosi di lei, ma non ricambiato; le fogne, l’omicidio di una donna di Hangzhou smembrata dal marito e gettata in pasto alle acque nel luglio 2020; il frigorifero, l’uxoricidio nel 2016 a Shanghai, il cui corpo è stato ritrovato dopo tre mesi- rappresentano una tenace denuncia contro la violenza domestica, le cui notizie passano molto spesso in sordina. O peggio, finiscono nell’oblio.


Tan Weiwei ha deciso di dare loro una voce, cantando senza filtri. La denuncia però non finisce qui.


"最后如何被你们记录, 奻姦妖婊嫖姘娼妓奴, 耍婪佞妄娛嫌妨嫉妒"

“È così che ci definite: banshee, megere, puttane, prostitute, mangiatrici di uomini, …”


Il testo evidenzia come “il carattere nǚ女 donna sia la componente ricorrente in molte parole a valore spregiativo”, sottolinea Feng Yuan, cofondatrice di “Equality”, gruppo per i diritti delle donne a Pechino, e “della cultura misogina”continua l’attivista Lu Pin in un’intervista alla BBC.


In molti leggono coraggio tra le riga della canzone. “Non è coraggio, ma senso di responsabilità”, scrive Tan Weiwei su Weibo.


Tan Weiwei su weibo. “Non è coraggio, ma senso di responsabilità”.

Un album forte- ve ne accorgerete con l’ascolto- che fa riflettere.

È questa la potenza silenziosa del disco: raccontare undici storie diverse in cui qualsiasi donna possa riconoscersi, possa provare le stesse emozioni e parlare a voce alta. Senza paura.


Perché i diritti delle donne sono anche questi: la libertà di cercare l’amore nonostante l’età (Zhang Cunxian 《章存仙》) e di inseguirlo qualunque sia l’orientamento sessuale (Yu Xuanji《鱼玄机》); il diritto di essere donne, madri felici e soddisfatte di se stesse (Wu Chunfang 《吴春芳》), di amare il denaro senza colpe (Qian furen 《钱夫人》); la possibilità di confrontarsi con il presente senza esserne escluse (Zhao Guiling《赵桂灵》); la determinazione nel denunciare le ingiustizie (xiao juan (hua ming) 《小娟(化名)》.


Sono scelte di vita.


“别抱歉”

“Non chiedere scusa”, conclude Tan Yanmei alla fine dell’album.


 

FONTI:


[1] BBC

[2] BBC 中文版

[3] South China Morning Post

[4] The Guardian

[5] Sixtone

[6] Vice


 

CHI SONO:

Mi chiamo Patrizia e amo la Cina da quando sono piccola. Nel 2017 volo a Pechino per trascorrere l’anno più bello della mia vita. Nel 2020 ho conseguito il doppio titolo in Lingue e civiltà dell’Asia (Ca’ Foscari) e in TCSOL (Capital Normal University). Nel tempo libero scrivo, suono, canticchio qualche strofa e leggo molto. Qualsiasi cosa- a parte i romanzi rosa.



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