Di Cristina Manzone
Zhou Weihui 周卫慧 e Mian Mian 棉棉 sono scrittrici parecchio discusse in Cina e all’estero. Conosciute come la bad girls della letteratura cinese, hanno fatto molto parlare di sé, sia in positivo sia in negativo: le loro figure oscillano tra accuse di superficialità, cattivo gusto, anti-femminismo e apprezzamenti nei confronti delle tematiche affrontate nei loro scritti.
In Italia sono stati pubblicati i romanzi Shanghai Baby e Sposerò Buddha di Zhou Weihui e la raccolta di racconti Nove Oggetti di Desiderio di Mian Mian. Tutti questi libri sono ormai fuori catalogo, tuttavia è possibile recuperarli facilmente in qualche bancarella dell’usato. Io ho letto Shanghai Baby e Nove Oggetti, quindi le citazioni proposte in questo articolo provengono da questi due titoli. [1]
Contesto
Zhou Weihui e Mian Mian, nate entrambe negli anni ’70, hanno vissuto appieno la modernizzazione del Paese, raccogliendone l’eredità in tutto e per tutto. Le aperture economiche (dal 1978) che hanno caratterizzato il passaggio di leadership tra Mao Zedong e Deng Xiaoping hanno rimodellato l’intero assetto socio-economico della nazione. L’entrata della Cina nel mercato capitalistico, la diffusione progressiva della tecnologia e dei marchi europei e statunitensi (e non solo) e la creazione di zone economiche speciali hanno dato il via ad un nuovo concetto di stile di vita cittadino, nonché a numerose migrazioni interne dalle campagne verso i centri urbani.
In questo contesto, anche la figura della donna ha subito dei mutamenti significativi. Se durante il periodo maoista il PCC aveva cercato di appianare le differenze di genere tra uomini e donne, coerentemente con lo scopo di includere tutto il popolo nella costruzione di una Cina comunista, con l’avvento del periodo denghiano la differenza tra i sessi biologici è stata in un certo senso rivendicata. A livello politico, sono state lanciate campagne inerenti la promozione dell’istituzione della famiglia e del ruolo della donna come madre e moglie, riportando in auge il modello sociale binario che associa la donna agli ambienti interni e l’uomo a quelli esterni.
Questo tipo di comunicazione politica è presente tutt’oggi.
Nell’inoltrarci nelle narrazioni di Zhou Weihui e Mian Mian, questo contesto risulterà particolarmente importante. Infatti entrambe le scrittrici sono nate a Shanghai, città conosciuta per il suo respiro internazionale e per la sua centralità nel mondo economico cinese, e in famiglie benestanti, potendo così vivere la propria giovinezza in un tipico stile cittadino che ha caratterizzato le loro storie e le loro protagoniste.
La centralità del corpo e del desiderio
Le conseguenze dell’avvento dalla modernità capitalistica non hanno colpito solo l’assetto socio-economico del Paese: lo scenario culturale ha ovviamente vissuto dei cambi di rotta.
Negli anni ’90 la supremazia delle regole di mercato sull’ideologia politica e l’affermarsi, grazie ai mezzi di comunicazione sempre più avanzati, di una vera e propria cultura di massa hanno fatto sì che anche la letteratura subisse dei cambiamenti. Negli scritti di questo periodo si nota un'evidente spostamento del focus sull’individuo, sulla sua identità economica e, come vedremo, anche su quella sessuale.
Per quanto riguarda la letteratura femminile, emerge una scrittura più intima, basata sulla propria esperienza emotiva e sessuale: la yinsi wenxue 隐私文学 (letteralmente “scrittura privata”). Con l’avanzare del tempo, quest’ultima ha subito ulteriori mutamenti, ponendo maggior enfasi alla narrazione del vissuto personale, del corpo e del desiderio, così da essere ribattezzata “scrittura sul corpo” (shenti xiezuo 身体写作).
In questo contesto si posizionano gli scritti, quasi sempre semi-autobiografici, di Zhou Weihui e di Mian Mian.
Entrambe le scrittrici prediligono trame molto semplici e utilizzano la narrazione in prima persona, in cui narratore e protagonista coincidono. Non ci sono particolari colpi di scena ed è evidente che lo scopo non sia articolare intrecci narrativi particolarmente emozionanti. L'attenzione dellə lettorə deve cadere su ben altro: le protagoniste delle loro storie sono giovani donne dall’animo trasgressivo, che narrano la propria intimità ponendo un forte accento sul desiderio sessuale. Il corpo – e i suoi bisogni – ha un ruolo fondamentale: ne vengono descritte le forme e le necessità, senza censura alcuna o senso di vergogna.
“Il desiderio sessuale, frantumato, non riuscì a trovare un canale di sfogo […] Ma l’amore platonico ci stava uccidendo. Accostatami a lui mi masturbai una, due, tre volte…Volevo volare, e cadere nella palude dell’orgasmo sessuale. Nella mia fantasia era sempre accesa una luce di delitto e castigo.” (Shanghai Baby)
“Mentre mi baciava trovai tutta la sicurezza di cui avevo bisogno. […] non potei trattenermi dal gridare, il mio corpo smarrito, il mio corpo glorioso. Devi ricordarti di me!, disse. Come ti ricordi di te stessa. […] il mio cuore andrò in pezzi per la felicità, chiamai «orgasmo» questo momento.” (Dal racconto La la la di Mian Mian)
Questi elementi si intersecano con la vita amorosa delle protagoniste, delle quali ci vengono forniti numerosi episodi e riflessioni che però convincono poco. Infatti, sebbene sia Zhou Weihui sia Mian Mian sfidino apertamente il tabù del desiderio sessuale femminile, non solo all’interno della letteratura ma anche nell’immaginario sociale della donna “servile e pura”, un grosso ostacolo si innalza maestoso nell’affrontare la vita romantica di queste giovani donne: il patriarcato.
Le protagoniste sono consapevoli della loro dipendenza emotiva (e spesso anche sessuale) nei confronti degli uomini che entrano a far parte della loro storia. Loro si ripropongono spesso di rimettere in discussione gli standard di femminilità e, più in generale, di genere. Tuttavia, alla fine non riescono mai davvero a distaccarsi dalla subordinazione a cui sono assoggettate e, sembrerebbe, quasi predestinate.
“Mi adeguo a Qi Yiguo perché voglio dargli tutta la mia confusione, o meglio, voglio diventare ancora più confusa per trovare un uomo in grado di controllarmi. Voglio affidarmi a questo tipo di uomo perché non mi fido più di me stessa.” (Dal racconto Nove Oggetti di Desiderio)
“Quando un uomo ha posseduto una donna, lei appartiene al passato. Quando una donna ha posseduto un uomo, lui appartiene al futuro. L’amore per le donne ha sede nel cervello; per gli uomini sotto la cintola. Uomini e donne sono molto stupidi.” (Dal racconto Nove Oggetti di Desiderio)
Desiderio materiale
Il senso di desiderio che esprimono le protagoniste non è solo di natura sessuale, ma anche materiale. Shanghai, come accennato precedentemente, era ed è tutt’ora uno dei centri economici e commerciali principali della Cina. Con l’apertura al mercato globale, questa città fu una delle prime ad ospitare tra le sue strade l’atteggiamento consumistico tipico dell’economia capitalista e materialista.
“La civiltà dell’era industriale ha arrugginito il nostro giovane corpo, e così non riusciamo a raggiungere la salute mentale.” (Shanghai Baby)
Lɜ protagonistɜ delle storie di Zhou Weihui e Mian Mian, sono logoratɜ da un’esistenza che scorre molto velocemente, al confine tra una nuova Cina (quella del mercato liberale, caratterizzata da una vita sfrenata, piena di opportunità e sessualmente disinibita) e una più “autentica”, in cui si riconoscono i loro genitori. Non sorprende, anche se per noi europei ha un po’ il sapore di cliché, che la droga sia un’altra tematica spesso ricorrente nelle trame delle due scrittrici: le giovani vite da loro descritte entrano spesso in contatto con sostanze stupefacenti e centri di riabilitazione.
Le donne di Zhou Weihui e di Mian Mian sono figlie del loro tempo e di un certo tipo di benessere economico. Nella lettura ci si scontra spesso con feste esclusive, abiti alla moda e prodotti esportati dall’Europa e dagli Stati Uniti: tutti questi elementi comunicano la volontà e la consapevolezza delle due autrici di prender parte alla cultura materialistica mainstream.
Il confronto tra la Cina autentica e l’ibridazione di questa con le mode e i prodotti “occidentali” crea un ambiente confortevole e dinamico per gli esponenti delle nuove generazioni, purché abbienti. Questa correlazione è così marcata che si riconosce Shanghai, che Mian Mian nei suoi racconti spesso definisce “femmina”, come un alter ego delle protagoniste. Per esempio, in Shanghai Baby si legge:
“Shanghai alla fine del secolo ventesimo: una metropoli epicurea, che produceva schiume euforiche, esseri umani di nuova generazione, e che era intrisa, per le strade e nelle viuzze, di un’atmosfera frivola, triste e misteriosa.”
Nel racconto Amore Acido di Mian Mian:
“Shanghai, Shanghai, amo Shanghai perché e femminile. Qui c’è un misto di piacere, rilassatezza, edonismo, nichilismo, sentimentalismo. Come dice il padrone dello Ying e dello Yang: «Il senso di Shanghai sta nell’espressione “non ha importanza”».
E il femminismo?
Le giovani donne di Zhou Weihui e di Mian Mian sfidano le regole patriarcali sul concetto di femminilità e sulla posizione sociale della donna. Tuttavia le protagoniste, poiché intrappolate nella loro condizione privilegiata –ovvero quella della nascente “classe media”–, non riescono effettivamente a scalfire il sistema patriarcale ed etero-normativo.
Per questi motivi moltɜ criticɜ definiscono i loro scritti anti-femministi, mentre altrɜ pensano il contrario. Tra quest’ultimi Megan Ferry:
“While their [beauty writers'] writing brings discussion of female sexuality to a public forum that previously denied such discussion, they also reinforce stereotyped notions of female sexuality.” (Ferry, 2013)
È anche possibile che le due autrici volessero sottolineare le difficoltà che interessavano le giovani cinesi a cavallo tra gli anni ’90 del secolo scorso e i primi anni 2000: con un occhio verso la modernità, e la necessità di rivendicare il proprio status di donne moderne e autonome, e con l’altro verso una struttura di vetro impossibile da frantumare, che attraversando la società a partire dalla Cina antica è sopravvissuta fino all’era del capitalismo: la società patriarcale. Questo strabismo sociale a noi donne non è ancora del tutto estraneo, e non solo in Cina.
Alla fine delle letture di Shanghai Baby e di Nove Oggetti di Desiderio è stato come se mi sentissi incompleta, insoddisfatta. Non tanto per la scrittura delle autrici in sé, ma perché mi aspettavo una prevaricazione della forza femminile sulla società, sul capitalismo e sul patriarcato. Poi ho pensato che il valore nascosto di queste opere forse è risiede nel suscitare questa insoddisfazione finale, che molto spesso provo anche nella mia quotidianità.
Le tematiche di Zhou Weihui e Mian Mian potranno sembrare niente di speciale ad unə lettorə espertə, soprattutto se cresciutə in questa parte del mondo. Durante la lettura, a prescindere dai gusti personali, bisogna però contestualizzare e ogni tanto chiedersi: in quali altre occasioni ho letto un romanzo cinese contemporaneo in cui si parla di sesso, droga e rock’n roll?
Sì, ci sono anche tantɜ musicistɜ rock.
NOTE
[1] In questo articolo i passaggi citati sono estrapolati dalle traduzioni italiane delle opere.
FONTI
Ferry, Megan. "Marketing Chinese Women Writers in the 1990s, or the Politics of Self-Fashioning”, Journal of Contemporary China, 2003, 12(37), pp. 655-675.
Mian Mian 棉棉, Nove Oggetti di Desiderio, Torino, Einaudi, 2001.
Song Jing, “Urban Educated Women as Marginalized Mainstream in China: Wei Hui's Shanghai Baby and Mian Mian's Candy”, Frontiers: A Journal of Women Studies, 2016, 37(2), pp. 109-137.
Wu Hui, “Post-Mao Chinese Literary Women's Rhetoric Revisited: A Case for an Enlightened Feminist Rhetorical Theory”, College English (Special Topic: Studying Chinese Rhetoric in the Twenty-First Century), March 2010, 72(4), pp. 406-423.
Zhou Weihui 周卫慧, Shanghai Baby, Bergamo, Biblioteca Universale Rizzoli, 2001.
CHI SONO:
Mi chiamo Cristina e ho 25 anni. Amo la letteratura, la Cina, i diritti umani e le patatine fritte. Ho studiato lingua e cultura cinese all'università, specializzandomi (non sono specialista in nulla, solo una perenne wannabe) in letteratura moderna e contemporanea. Ho fondato Gender China.
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