di Barbara Di Silvio
L’espressione “violenza domestica” (jiating baoli, 家庭暴力) è entrata a pieno titolo nella legislazione cinese nel 2001, anno in cui la revisione della Legge sul Matrimonio ne sancì formalmente l’illegalità e la Corte Suprema formulò un’organica interpretazione giudiziale del termine. [1] Pur tralasciando ogni riferimento alle componenti inerenti la violenza sessuale ed economica generalmente incluse nella definizione di “violenza domestica” a livello internazionale [2], i provvedimenti ebbero il merito di dare un colore istituzionale all’illegalità degli abusi fisici e mentali tra le mura domestiche, configurandosi come il primo, decisivo tentativo da parte dello Stato di proteggere le vittime da una prospettiva legale.
Tra i fattori responsabili dello straordinario ritardo nell’adozione di misure giuridiche da parte del governo della Repubblica Popolare, la comunità accademica annovera la pervasiva influenza di antichi modelli culturali che tuttora alimentano, tra le istituzioni statali e in parte della società civile, stereotipi di genere e un’attitudine conservatrice nei confronti dei ruoli familiari consolidati.
Sebbene i comportamenti violenti e coercitivi riconducibili a “violenza domestica tra coniugi” trascendano i confini di genere, spesso il termine è indicativo di crimini in cui le vittime sono comunemente donne. [3] A tal proposito, un’indagine dello scorso anno condotta su 3579 famiglie della città-prefettura Xiangtan, nella provincia centromeridionale dello Hunan, ha rivelato una condotta abusante perpetrata da uomini nel 69,2% dei casi e da donne nel 30,8%. Dati che, peraltro, sono risultati pienamente in linea con la tendenza "occidentale". [4]
Xu Xiaohe, autore del saggio The Prevalence and Determination of Wife Abuse in Urban China, ritiene la violenza sulle donne in ambito domestico storicamente radicata nelle dinamiche proprie della famiglia tradizionale nella Cina antica, dalla quale le istituzioni del presente sembrano aver ereditato la concezione di “armonia della casa” come precondizione alla “stabilità sociopolitica”. L’enfasi attribuita dal canone confuciano alla tutela dell’armonia familiare, costruita su una struttura familiare patriarcale, patrilocale e patrilineare e limitativa dei diritti delle mogli all’obbedienza e alla disponibilità sessuale nei confronti dei mariti, contribuirono sul piano socioculturale a legittimare la posizione di subordinazione femminile all’interno del nucleo, con l’effetto collaterale di istituzionalizzarne il maltrattamento.[5]
Nonostante negli anni Cinquanta e Sessanta il regime maoista fece dell’uguaglianza di genere una delle sue bandiere identitarie - strombazzata nella nazione con lo slogan: “Le donne sostengono metà del cielo” (funv neng ding ban biantian, 婦女能頂半邊天) – i suoi presupposti furono largamente disattesi. L’unità familiare (e l’assetto patriarcale su cui si innestava) fu ampiamente tutelata come premessa fondamentale alla salvaguardia della più urgente stabilità statale [6], fattore che suggerì a diversi studiosi l’immagine della rivoluzione cinese come “un’unione armonica tra socialismo e patriarcato”. [7]
A seguito della liberalizzazione economica firmata Deng Xiaoping, gli anni Ottanta e Novanta salutarono un intenso attivismo delle organizzazioni parastatali e dei singoli membri della società civile, che sopperirono alla scarsità di norme governative in materia con la costruzione autonoma di una rete di sostegno per le vittime, fatta di numeri verdi, ricoveri, e centri di consulenza legale. [8] Nel 1995, mentre nella provincia centrale dell’Hubei un’imprenditrice locale istituiva il “New Sun Marriage Stop” con lo scopo di offrire cinquanta posti letto gratuiti a donne in difficoltà [9], Pechino ospitava la IV Conferenza Mondiale delle Donne convocata dalle Nazioni Unite, assumendosi maggiori responsabilità sul piano internazionale e favorendo in Cina la confluenza di nuovi e diversi spunti di riflessione sul tema della violenza domestica.[10]
La revisione della Legge sul Matrimonio del 2001 e la definizione legale del termine - citate in apertura all’articolo - costituirono il primo atto di un iter legislativo culminato il 1 marzo 2016 con l’entrata in vigore della Legge contro la Violenza Domestica, prima disposizione nazionale specificatamente dedicata al tema.
Presentata da testate nazionali e internazionali come un’autentica vittoria nella sempreverde battaglia per la civiltà, la norma non tardò a rivelare i suoi limiti, palesi, per l’avvocata Su Lin Han, fin dall’articolo 1. [11] Il testo, che accomuna nella stessa frase gli obiettivi politici di “lotta alla violenza domestica” e “promozione dell’armonia familiare”, invia per Han messaggi contradditori, che “minano l’efficienza della legge nella protezione di milioni di vittime”.[12]
Dal momento che né le unioni civili né i matrimoni omosessuali godono di riconoscimento legale a causa dell’incompatibilità “con le condizioni nazionali e le tradizioni storico-culturali” [13], la Legge contro la Violenza Domestica risparmia dalla tutela la comunità LGBT+, la cui marginalizzazione giuridica fu certificata fin dalla discutibile dichiarazione rilasciata nel 2015 dal direttore dell'Ufficio di diritto sociale della Commissione Affari Legali. “Venendo agli omosessuali nel nostro Paese” – disse - “non abbiamo ancora scoperto questa forma di violenza. Quindi, per darle una risposta certa, si può dire che le persone conviventi non includano gli omosessuali”. [14]
Da allora, nonostante l’art. 37 proibisca la violenza domestica anche tra “persone conviventi” e non imponga l’eterosessualità tra i requisiti, le battaglie per un’interpretazione del termine che includa tutti gli orientamenti sessuali e le identità di genere sono ancora in corso. [15]
L’adozione della norma ha avuto il merito di determinare un generale incremento nell’emissione degli ordini di protezione, la cui efficacia risulta tuttavia minata dalle inadeguate sanzioni penali imposte ai trasgressori, nonché dalla propensione di tribunali e poliziotti a risolvere le dispute attraverso la mediazione tra le parti. [16]
In merito ai dati d’incidenza, la tendenza dei canali ufficiali a non rilasciare statistiche nazionali aggiornate è stata in parte contrastata dai rapporti regionali stilati nella stagione della pandemia, che, all’unanimità, hanno narrato un sensibile e diffuso aumento dei maltrattamenti, dai caratteri allarmanti nelle aree rurali. [17]
Nonostante l’eredità patriarcale confuciana sia riconoscibile, nella società contemporanea, in una forte propensione a derubricare gli abusi come un “affare di famiglia”, nonché in soluzioni legislative che conciliano in modo maldestro nuove istanze e antichi valori, Feng Yuan, attivista e cofondatrice dell’ONG Equality, ritiene l’educazione all’uguaglianza di genere “la cosa più importante” nella prevenzione e nella lotta alle manifestazioni di violenza domestica. [18] L’educazione è intesa come antidoto all’abitudine a ragionare per stereotipi e alla pratica di legittimare certi diritti, negandone altri. Un’educazione che proceda di pari passo con una maggiore sinergia tra Stato e società civile nella creazione di una rete di supporto, in grado di suscitare sentimenti di fiducia e non di abbandono.
“Che le istituzioni responsabili di trattare gli incidenti di violenza domestica includano più lavoro di sensibilizzazione nei loro doveri quotidiani, nelle valutazioni e negli accertamenti” è l’augurio di Feng alla Cina. Augurio che dovrebbe riguardarci tuttз, dappertutto.
NOTE
[1] He Xin, Hang Kwai, “In the name of Harmony: the Erasure of Domestic Violence in China’s Judicial Mediation”, International Journal of Law, Policy and the Family, vol. 27, no. 1, 2013, p. 99. [2] Sara D’Attoma, “百年(不)好合!One Hundred Years of Marital (Un)Happiness! An Analysis of Divorce Proceedings involving Domestic Violence and the Personal Protection Order System in China”, JCL, vol. 14, no. 2, 2019, p. 191. [3] Zhang Hongwei, “The Influence of the Ongoing COVID-19 Pandemic on Family Violence in China”, Journal of Family Violence, 2020, p. 2. [4] Ibid. [5] Xu Xiaohe, “The Prevalence and Determination of Wife Abuse in Urban China”, Journal of Comparative Family Studies, 1997, pp.281-282. [6] Liu Meng, Chan Cecilia, “Enduring Violence and Staying in Marriage: Stories of Battered Women in Rural China”, Violence Against Women, vol. 5, no. 12, 1999, p. 1473. [7] Ibid., p. 1488. [8] Tang Catherine So-Kum, Lai Beatrice Pui-Yee, “A review of empirical literature on the prevalence and risk markers of male-on-female intimate partner violence in contemporary China, 1987–2006”, Aggression and Violent Behavior, vol. 13, no.1, 2008, p. 14; Milwertz Cecilia, “Activism Against Domestic Violence in the People’s Republic of China”, in Violence Against Women, Vol. 9 No. 6, 2003, p. 635. [9] Zhao Yuhong, “Domestic Violence in China: In Search of Legal and Social Responses”, Pacific Basin Law Journal, vol. 18, no. 2, 2000, p. 248. [10] Tang, Lai, A review of empirical…, op. cit., p. 14. [11] Anti-domestic Violence Law of the People's Republic of China: http://www.lawinfochina.com/display.aspx?id=a21ba6cc42a594fdbdfb&lib=law&EncodingName=gb2312 [12] Han Su Lin, “China’s New Domestic Violence Law: Keeping victims out of harm’s way?”, Paul Tsai China Center - Yale Law School, 2017, p. 3. [13] Dichiarazione di Zang Tiewei, portavoce della Commissione parlamentare per gli affari legali, in Ben Blanchard, “China's parliament rules out allowing same-sex marriage”, 2019, Reuters, https://www.reuters.com/article/us-china-lgbt-marriage/china-parliament-rules-out-allowing-same-sex-marriage-idUSKCN1VB09E. [14] Darius Longarino, Precarious Progress: Advocacy for the Human Rights of LGBT People in China, OutRight Action International,2020, p.12. [15] Ibid. [16] Han Su Lin, China’s New Domestic…, op. cit., pp . 5-6. [17] Zhang Hongwei, “The Influence of the Ongoing COVID-19 Pandemic on Family Violence in China”, Journal of Family Violence, 2020, p.3. [18] Can Yiwen, “China’s Anti-Domestic Violence Law at the Five-Year Mark”, 2021, Sixth Tone, https://www.sixthtone.com/news/1006903/chinas-anti-domestic-violence-law-at-the-five-year-mark .
FONTI
- Anti-domestic Violence Law of the People's Republic of China: http://www.lawinfochina.com/display.aspx?id=a21ba6cc42a594fdbdfb&lib=law&EncodingName=gb2312
- Blanchard, Ben “China's parliament rules out allowing same-sex marriage”, 2019, Reuters, https://www.reuters.com/article/us-china-lgbt-marriage/china-parliament-rules-out-allowing-same-sex-marriage-idUSKCN1VB09E.
- D’attoma, Sara, “百年(不)好合!One Hundred Years of Marital (Un)Happiness! An Analysis of Divorce Proceedings involving Domestic Violence and the Personal Protection Order System in China”, JCL, vol. 14, no. 2, 2019, pp. 188-202.
- Han, Su Lin, “China’s New Domestic Violence Law: Keeping victims out of harm’s way?”, Paul Tsai China Center - Yale Law School, 2017, pp. 1 – 11.
- He, Xin, Hang, Kwai, “In the name of Harmony: the Erasure of Domestic Violence in China’s Judicial Mediation”, International Journal of Law, Policy and the Family, vol. 27, no. 1, 2013, pp. 97-115.
- Liu, Meng, Chan, Cecilia, “Enduring Violence and Staying in Marriage: Stories of Battered Women in Rural China”, Violence Against Women, vol. 5, no. 12, 1999, pp. 1469-1492.
- Longarino, Darius, Precarious Progress: Advocacy for the Human Rights of LGBT People in China, OutRight Action International,2020, pp.1-47.
- Milwertz, Cecilia, “Activism Against Domestic Violence in the People’s Republic of China”, Violence Against Women, Vol. 9 No. 6, 2003, pp. 630-654.
- Tang, Catherine So-Kum, Lai, Beatrice Pui-Yee, “A review of empirical literature on the prevalence and risk markers of male-on-female intimate partner violence in contemporary China, 1987–2006”, Aggression and Violent Behavior, vol. 13, no.1, 2008, pp. 10-28.
- Xu, Xiaohe, “The Prevalence and Determination of Wife Abuse in Urban China”, Journal of Comparative Family Studies, 1997, pp.280-303.
- Zhang, Hongwei, “The Influence of the Ongoing COVID-19 Pandemic on Family Violence in China”, Journal of Family Violence, 2020, pp. 1-11.
- Zhao, Yuhong, “Domestic Violence in China: In Search of Legal and Social Responses”, Pacific Basin Law Journal, vol. 18, no. 2, 2000, pp. 221-251.
CHI SONO:
Barbara Di Silvio, classe ’94, di matrice abruzzese. Studia la Cina dal 2013 e, dopo la laurea in Lingue Orientali all’Università Roma Tre, si stabilisce a Venezia per continuare gli studi. Mentre aspetta di partire, parla di storia cinese presente e passata dalla laguna veneta.
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